sabato 7 agosto 2010

ANDY Artista è una parolaccia. Il mio è un gesto tamarro, io sono grigio scuro, giallo e viola fluo




Una mattina di mezz'estate decido di passeggiare fuori dal centro di Monza, le ferie sono iniziate da poche ore per cui la voglia è anche quella di staccarsi dagli autoctoni che d'abitudine faticano a sorridere, a salutare. La testa ronza per l'eccesso di leggerezza e deficit da iperstimolo, senza neanche accorgermene mi ritrovo a San Rocco, dove l'aria profuma di soffritto, vernel e acque nere. La visione del canale Villoresi in Corso Milano mi ha precipitato troppo in fretta nella sindrome di Siddharta, rischio l'embolo animico "Chi fosse riuscito a comprendere quell'acqua e i suoi segreti avrebbe compreso anche molte altre cose, molti segreti, tutti i segreti. Ecco quel che il cuore vedeva, quest'acqua correva, correva, sempre correva, eppure era sempre lì, era sempre e in ogni tempo la stessa, eppure in ogni istante un'altra! Oh, chi potesse afferrar questo mistero, comprenderlo!"

Seduto in preda allo svuotamento dalle certezze lavoralguadagnative, la testa sospesa tra le mani, la mente a forma di Hesse... proprio in quel momento mi si avvicina un singolare profilo, esile, il passo leggero negli infradito, in testa una scultura platino che sfida le leggi della gravità. Mi punta addosso uno sguardo verde, un occhio è cerchiato d'arancio, la narice sinistra da un anello, lui indossa del nero violato da innesti colorati. Inizia a parlare che neanche me ne accorgo, la voce d'un tono basso da cantante wave su di me ha l'effetto di un mantra, ma tradisce a tratti un animo sovraccarico di fantasia.
"... comunque ciao, mi chiamo Andy."
Andy? Ho appena incontrato Andrea Fumagalli, mentre invece avrei scommesso gli ultimi stipendi di aver incontrato un monaco Chi Kung in versione neopop, un Monkung Pop, ecco. Incuriosito decido di seguirlo e lui mi conduce nella sua casa-studio, un ex spazio industriale ordinariamente ordinato all'esterno, ma attraversata la porta verde mi si apre davanti una paranza di colori fluo che magnetizzano tutta la luce a disposizione per rigettarmi negli occhi un caleidoscopio di iconografie anni settanta, ottanta e novanta.
Da dovunque mi guardano Biancaneve e Candy Candy, Michael Jackson, Marylin, Lamù, Audrey Hepburn, Lupin, Elvis Presley, occhi iridati e bocche carnose, come fossi nella tana di un collezionista sadico che ha fatto del colore una ragion d'essere.
"Saturo, non sadico" mi precisa Andy "la tipica cosa per cui i borghesi dicono "è troppo". Io sono nel troppo, nel riempimento. Questa è la mia ricerca.
"Paura del vuoto?" maligno io.
"Paura del vuoto NO! Il mio è un gesto tamarro, è come quello che trucca il motorino e poi ti disturba quando passa, è il DJ Set a volume troppo alto, le orecchie piuttosto me le spacco pure io. Se sapevo d'incontrarti mi facevo la vodka del mattino, invece dei tre caffè."
Mi aggiro tra le stanze e mi imbevo di tutto quel che vedo, quadri con Minnie, Dick Dastardly, Chobin, Lady Oscar, Creamy, Pacman, BarbaPapà, Jim Morrison, un grammofono con un'occhio che mi punta, popbass femminili coi baffi con donne che fumano provocanti e irriverenti, c'è persino l'orrido puff di Fantozzi, ma questo qui del Monkung Pop non si prende beffe solo dell'equilibrio fisico, ma anche di quello mentale perché è la psichedelia all'ennesima potenza. Questo è troppo, vengo colto da una grande nostalgia, tutto quel colore, tutti quei ricordi... mi sembra d'essermi affacciato alla finestra di un tendone di un circo dove tutto è scintillante, sfavillante, luccicante ma mi lascia addosso una grande nostalgia che mi fa da denominatore. "C'è tristezza, qui." Gli dico.
Andy mi "rincuora" dicendomi: "Sei tu che ci vedi tristezza, che rivedi il tuo passato con nostalgia. In quello che faccio c'è giocosità e frizzanteria, metto in atto quello che sognavo all'età di quando vedevo quel tipo di iconografia. Io da pischello sognavo di vivere esattamente come vivo adesso e infatti il sogno si è espanso all'ennesima potenza perché non c'è più un obiettivo. Se penso a me a 13 anni, sognavo esattamente di vivere in uno spazio industriale, di fare esattamente questo tipo di vita e di campare con la mia creatività. Ho io una cura per te."

Mi squadra, decide che abbiamo la stessa età (è vero!) e m chiede: "Che profumo usavi da ragazzino?" Scavo nella mia memoria e "Drakkar Noir!" gli rispondo.
"Ottimo anch'io, ti preparo un drink". Se ne va in cucina lasciandomi "da solo" (si fa per dire con tutta quella gente che mi guarda) e mi faccio un altro mezzo giro ma stavolta su me stesso e mi arriva addosso tutta l'esondazione della fantasia di Andy, scena dentro scena, come in un film impazzito. Intorno tutto mi guarda quasi a volermi giudicare e m'inchioda in una terra di mezzo, quello spazio fisico e immaginario che misura esattamente la distanza tra le sue opere d'arte e lo spettatore. Immobile e rigido nella mia posizione goffa gli urlo all'altra stanza la mia sensazione, gliela descrivo con quella mia tipica deformazione professionale da prosivendolo giornalaio tanto che mi sento rispondere "Supercazzola!"
"Eh?" gli faccio eco in uno stile decisamente meno ricercato. Andrea esce dalla cucina e con due bicchieri con del liquido colorato dentro e mi ripete: "Supercazzola."
"Cioè?" Usando di nuovo la mia verve giornalistica. "Supercazzola. Vuol dire che le tue parole suonano bene in una situazione comoda, ma non corrispondono al mio pensiero. Io non guardo mai i miei quadri, non li vedo più, io esaurisco il meccanismo, guardo solo se i cataloghi sono stampati bene se ci sono errori di ortografia poi li vendo o li lascio in conto vendita, non mi appartengono più, ce li ho ma non li guardo. E' il primo anno che vorrei una casa tutta mia, ho bisogno di un posto dove staccare da tutti i colori, capire che una giornata o una nottata è anche finita, perchè sennò ti fagocita, colori suoni, è una saturazione continua e a volte vorrei un bilocale tutto bianco senza spigoli, prorpio per staccare da tutto. Ti senti osservato nella terra di mezzo..... che supercazzola, la userò."

Mi porge il bicchiere e finalmente capisco perché da qualche secondo ho cominciato a sentirmi meglio, più a mio agio con tutto quell'overload di icone, persino allegro e divertito.
"La ricetta è in parte della nonna di una mia amica. Bevi, c'è vodka, succo di frutta e una leggera dose di Drakkar Noir. E' fichissimo devi provare. Io lo faccio spesso e non ho avuto ripercussioni strane, ce n'è uno zic, così ti bevi i tuoi ricordi."
Bevo e mi guardo intorno, il vulcano intanto si accende una sigaretta: "Nei miei quadri si riapre una porta del passato e prende nuova vita. Oggi il trentottenne rimbambito trova un posto sul pianeta e fa le mostre con i suoi ricordi! Metto in atto la programmazioe infinita che ho nel cervello. C'è estremo divertimento e goliardia del ricordo, assolutamente non c'è malinconia. Va meglio?"
Va meglio. Il Drakkar e la vodka cominciano a fare effetto, sono le undici e un quarto del mattino e le mie resistenze si sciolgono come burro al sole. "Sto meglio, sarà l'effetto placebo del profumo" gli dico.
"Effetto placebo? Interessante. I filippini negli anni settanta si erano inventati questa tresca: simulando con interiora di animali facevano finta di entrarti nella pancia con le mani, ti estirpavano il male e poi non lasciavano neanche un segno. Da un lato era una presa per il culo dall'altra sai quanta gente è guarita? La prima volta che ho fatto Chi kung, cosa che oramai faccio da sette anni, ne sono stato inconsapevole. Ti racconto una storia: 2 settimane prima del concerto di David Bowie, nel 2002, ho avuto un pnx a un polmone, cioè mi si è sgonfiato come un palloncino. Fa un male della madonna e succede a persone con un sistema alveolare particolare e a persone magre. E' abbastanza diffuso ma non lo sapevo, per cui mi sono cagato addosso perchè fa un male porco, stavo suonanaod il sax a luglio, era anche un periodo stressante e mi hanno ricoverato per un drenaggio e per far sì che il polmone si riattaccasse alla pleura. Quando al terzo giorno questa cosa non era ancora successa, uno degli infermieri mi diede un suggerimento prezioso: Hai presente il dolore intercostale? quando hai quel dolore che non puoi più riuscire a respirare, lì è dove si attacca un pezzetto di pleura. Più vai sopra, più ti fa male e più il polmone ti si riattacca alla pleura. Io allora non avendo un cazzo da fare - e poi in ospedale mi diverto sempre, c'ho sempre cinque o sei nonni nuovi, faccio sempre un pò da animatore - quella notte mi son messo lì e dalle nove e mezzo di sera alle sei del mattino io mi sono riattaccato il polmone. Lo percepivo pezzetto per pezzetto... altro che percepire, mi faceva un male della madonna!
Tu hai delle bellissime limitazioni mentali, come ad esempio quella di prendere in considerazione soltanto il cervello. La mente è l'hard disk ed è sicuramente importante, ma tutto il tuo corpo è importante. Da qui nasce il principio alchemico con il quale porto avanti tutto il mio lavoro. Io sono un discostante, un dispersivo, un compulsivo sessuale, per cui ho bisogno di qualcosa di didattico, ogni giorno faccio mezz'ora di sax e mezz'ora di Chi Kung e anche se sono 'mbriaco, fuori casa o fuori bo, non faccio mancare questo appuntamento fisso con la didattca che mi permette di radicare e contenere la dispersione."

E senza ne ma ne ba accende il proiettore e comincia a guardare delle immagini. Scorre un'altro fiume di Puffi, Andy Wharol, Paperino, Kate Moss, Cindy Loper, Occhi di gatto, Madonna, rose, stanze colorate... a volte si sofferma su un dettaglio, lo ingrandisce e lo studia a fondo, poi passa a Belèn, Silvio Berlusconi...

"Aspetta!" gli dico, "ti commissiono un quadro, dipingimi Berlusconi in Italia, il paese delle meraviglie!"
Mi risponde divertito "E' strano, sembra quasi di baciare un uovo."
"Un uovo? Un uomo, volevi dire." Gli rispondo.
"No, no. Volevo dire un uovo, mi fa troppo ridere l'idea di baciare un uovo. Che ci sarebbe di strano a baciare un uomo, a chi piace naturalmente, io l'ho fatto una volta ed ero ubriaco, ma giusto per scherzo." Ride.
"Sì ma l'hai anche cantato." Insito, senza sapere che quella canzone - "Forse" - l'ha cantata sì Andrea Fumagalli all'epoca dei Bluvertigo, ma il testo è di Morgan con qualche intervento di Andy. Infatti prosegue "Quella era un'idea di Morgan, che basa la sua vita con le supercazzole. Voleva dare quest'aura di bisessualità, a me poi! Lui è spietato e cattivo dentro, un bambino frustrato che se può fare dei tranelli agli amici li fa, è la sua natura. Poi era il momento del bacio tra lui e Andrea Pezzi con la gamba alzata... alla fine esausto ho detto sì e ho cantato uomo con la emme, non uovo. Adesso cerco la foto di Freddy Mercury all'uscita di Wembley con corona e mantellone e te lo vesto così, però con le scarpe da ginnastica, senza tacchi, e lo coloro di verde militare coi bordi oro. Se lo metto nell'"Italia paese delle meraviglie" m'immagino la valle degli orti con una gondola bellissima e il Colosseo ricoperto d'oro e il Cenacolo di sfondo che fa il cielo."
"Ma sei sempre così, Andy?" E' il Drakkar che parla.
"Dal mese di novembre alla fine di febbraio io entro in una fase di secchezza di argomenti e di autostima, in cui rielaboro tutto quello che è successo durante l'anno.
Io coloro i miei dipinti, non il mondo, per un'esigenza esibizionista di sfruttare l'eccitazione molecolare dei colori fluorescenti perché sono più accesi degli altri. Ma il mondo non è grigio, l'inverno è grigio, a causa dello spettro della luce bianca fra le nubi che fanno da filtro che desatura i colori. Io sono grigio scuro, giallo fluo e viola fluo perché ho diverse fasi... La musica è indaco fluo e giallo fluo, come tutto, sono due complemetari che si relazionano. Sono i miei prediletti. Io dipingo perché mi diverto e mi ci trovo, penso invece che artista sia una parolaccia della Madonna, io sono una persona che vive di creatività. Artista è una questione di brand, di slogan, di nomignolo e non di percezione spiritual creativa, è un nomignolo. Tutti sono creativi a modo proprio, anche uno manager o uno che lavora per un'impresa di pulizie."


Con questo pensiero, la vodka e il Drakkar Noir in corpo lascio Fluon, il laboratorio delle meraviglie. Sotto il braccio ho il dipinto immaginario che Andy ha dipinto per me. Forse ho imparato a far pace col passato, forse sono capace di tornare nel suo studio e immergermi nel festival del revival '70/'80/'90 duemila e via discorrendo. Forse ho fatto la pace con tutto, anche con i colori reali, perché nello spazio di un mattino quel Monkung Pop mi ha dipinto dentro uno Yin e Yang a forma di spirale sferica, arancio e azzurro fluo: "Siamo tutti inspigolati in cubi alla Le Corbusier, io invece sono molto più per Gaudì, per le rotondità, il continuo della natura, in natura è tutto circolare. E' più facile che ti immagini una spirale che ti permette di svolgere un percorso, l'obiettivo si sposta, vedi sempre cose differenti, cose sempre più interessanti perché il percorso. La ricerca segue sempre una circolarità. La spirale è dal microcosmo al macrocosmo, qualcosa che gira in piccolo e poi si espande in grande. Nel taoismo tutto gira attorno alla cellula, ma anche nell'atomo accade, c'è una carica positiva e una negativa in rotazione tra loro, ma tutto l'universo gira e ha una propria orbita e tu sei l'antenna. Quando fai il radicamento (ndr. pratica del Chi Kung) ti poni come un'antenna tra terra e cielo e diventi un punto di canalizzazione della rotazione. C'è una persona che sta scrivendo un libro sui miei pensieri, sui miei Andysmi... l'ho chiamato come il mio programma radiofonico... princìpi piuttosto che note biografiche, un progetto strano iniziato molti mesi fa... come ti sei accorto io ramifico molto." Così, sulla scia della ramificazione, persino i pochi alberi che mi lascio alle spalle camminando sotto un sole bollente mi ricordano i lavori di Marcel Calberer. Forse anche lui dev'essere passato di qua.

un racconto/intervista di Daniela Paola Aglione

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