Le ombre estive degli anziani
nel parco spazzato dal vento
si domandano nello scuro dei pomeriggi abbreviati
se sarà un altro giugno.
martedì 1 ottobre 2013
lunedì 5 agosto 2013
Il bacio (2007)
La notte si intreccia,
un rivolo di pensieri scivola sulla
pelle talmente piano fa
male. Troppo il calore, c'è una fiamma stridente, una torre che fonde in punta
di piedi e le ceneri soffiano invisibili tra le nacchere verdi dei
rami, stupenda risata
ma il pensiero è retrattile
quando, dopo nascosto
torna
s'insinua pericoloso
e ancora s'avvolge delizioso tra i
pori
si aggira
velenoso e mortale
i sensi tacciono
il respiro si annulla
quando gli occhi si socchiudono nella
tenebra familiare e scorgono
in piena dilatazione
lo sguardo miete all'infuori
l'immagine di un sapore
e null'altro scoppia ad esistere se
non dentro la vertigine
bugiarda
che riflette
rimanda
e tra il sonno discinto
e una veglia febbrile, surreale
resta l'impronta soffice
resta l'attimo dopo
resta la complessità di un assurdo,
prezioso come la punta dorata dell'emozione avuta in dono
l'oro che gocciola
che lava via
che riimmagina e disegna nel buio un
sè stesso talmente gargantuesco
da finire sopito e silente
nel rossore tardivo
come di piccola bugia svelata
seduta sotto un tramonto acerbo
in attesa che il sole arroventi
l'acqua che slitta sotto i piedi
Un oceano possibile
in cui disciogliere l'intero
arcobaleno dei pensieri
ed avere indietro
dentro la conchiglietta discreta
l'idea della gemma
dal granellino alla perlea saliva.
In fondo è soltanto questo
o è tutto qui...
l'umore dalla bocca disegna una riva
in punta di labbra
la posa su di un granello di sabbia
o polvere
cenere
fuliggine, che importa
ciò che resta, tanto
è sempre e solo
una bellissima perla
Un passo ancora
chiedo solo che tu venga a vedere
quel che accade
quando i carri scivolano sul ponte.
La luna freme al cigolare della ruota
I cavalli trattengono il pensiero della morte.
Il nocchiero scende
e lascia che gli
amanti addormentati
proseguano il viaggio senza testimoni.
quel che accade
quando i carri scivolano sul ponte.
La luna freme al cigolare della ruota
I cavalli trattengono il pensiero della morte.
Il nocchiero scende
e lascia che gli
amanti addormentati
proseguano il viaggio senza testimoni.
lunedì 6 maggio 2013
La bambola grigia
Ho incontrato questa bambola al ritorno dal Dico, col mio carico di latte di soya e qualche verdura. Mi portavo aggrappato alla spalla il sacchetto riciclabile, un fardello affatto indifferente, mentre mi guardavo i piedi camminando lungo il cancello della scuola elementare.
A pochi passi dal semaforo mi passa accanto, quasi sfiorandomi, una donna longilinea, dai tratti delicati, vestita femminile e umile. Una longuette da cui uscivano ondeggiando due gambette magre, quasi ossute, che correvano ad infilarsi nelle decolletè a punta quadrata, blu. Il golfino azzurro cenere chiudeva il ritmo della camiciola a righe fini, il colletto un pò sbozzato e liso, la collanina di coralli rosa piccoli piccoli che metteva fine al collo rugoso. Le spalle erano poco incurvate, le braccia tenevano bene la borsetta marrone a tracolla, di una pelle antica e lustra, il bottone dorato e un velo di vetustà.
Sguardo etereo come i capelli ingrigiti dal tempo, portati con un caschetto alle spalle un pò increspato dalle giornate umide e dagli shampoo a buon mercato.
Era una bambola, una bambola di oltre settant'anni. Una volta viveva sul letto della Duchessina, circondata da una schiera di bambole, una sudditanza di gran rispetto nel regno del Letto a Baldacchino. Gli stucchi disegnavano l'incipit delle avventure che Bambola e la Duchessina vivevano ogni giorno, per anni, e che si concludevano con una delicata quanto perfetta toeletta di Bambola dai lunghi capelli castani e le vesti del colore delle rose selvagge che s'arrampicavano fin sulla loggia della piccola borghese. Ma come sempre accade, tutte le bambole nascono per essere dimenticate ed il loro destino si compie quando la bambina, ormai donna, la ripone nell'urna di cartone che, una volta chiusa, la porterà nella Terra Dimenticata. La leggenda narra che se quella scatola verrà aperta anche solo una volta, prima dell'alba del ventottesimo compleanno della bambina ormai donna, la bambola ne sarà figlia.
Ma non fu questo il destino della Bambola Grigia che io ho incontrato al ritorno dal Dico... la tristezza del suo volto racconta una storia diversa... Quando Duchessina lasciò a soli 13 anni la bella casa col cespuglio di rose selvagge per andare in sposa al Conte Di Peregallo, in Brianza, decise di lasciare libera la sua Bambola, sul letto con le cortigiane: non aveva cuore di rinchiuderla in una scatola, ma nemmeno fu possibile portarla con sè, per le insistenze del marito.
La stanza era diventata un deserto di solitudine e gelo, niente e nessuno entrava mai per giocare, soltanto la donna delle pulizie che di quando in quando toglieva la polvere, mentre cantava una canzone sguaiata come le calze insolenti che soleva indossare. Un giorno quella entrò saltellando nella stanza, si buttò sul letto e prese Bambola per i capelli: "La tua mamma è morta, lo sapevi? Di parto... troppo esile, forse troppo giovane...." e scoppiò in una risata estasiata "Ora l'eredità sarà mia... questi non hanno parenti e sono l'unica che... che li segue..."
Bambola ascoltava le agghiaccianti rivelazioni con la faccia nelle coperte, era stata gettata a casaccio, cadendo malamente...
"Duchessina è morta..." e siccome Bambola non era stata chiusa nella scatola, non era potuta partire per la Terra Dimenticata per poi poter essere magari ripescata dalla sorte, diventando la figlia della sua adorata mamma bambina....
Ma l'attendeva un destino ben più insolito... La Donna della Pulizie subito adottò Bambola, quando andò a vivere nella stanza di Duchessa perché i genitori erano distrutti dal dolore e non volevano più rimanere da soli. La donna usava la bambola come ornamento sul letto e siccome era la più bella, tolse le altre gettandole nella spazzatura, lasciandola sola in un nuovo dolore.
Com'era logico supporre, dopo qualche anno la Donna delle Pulizie si sposò, e qualche giorno prima delle nozze ripose Bambola in una scatola, spedendola subito nella Terra Dimenticata, perché in quel letto avrebbe dormito col marito e una bambola proprio non ci stava più. Pochi giorni prima del 28esimo compleanno, la donna aprì la scatola di Bambola per errore, stava cercando dei cappelli per uscire con le amiche. E dopo nove mesi nacque una bambina, Elena, la Bambola Grigia che io ho visto tornando dal Dico.
Quando Elena aveva nove anni, la Donna delle Pulizie, ormai padrona di casa col marito, cercò Bambola e la mise in braccio alla figlia, che si specchiò. Non capita quasi mai, ma in quell'occasione la bambina si ricordò della sua precedente vita da Bambola, si ricordò di Duchessina, delle risate della Donna delle Pulizie - ora la sua mamma... seppe tutto, a soli nove anni.
A dodici andò al cimitero a trovare Duchessina, quella che lei considerava la sua vera madre.
A quindici anni Elena smise di studiare ed inziò a fare bambole di porcellana e stoffa, lasciando per ciascuna un foglio con istruzioni segrete e precise, destinate alla bambine. Nascondeva il foglietto nei vestiti, nel cappello o nei nastrini, di modo che solo le bambine potessero trovarli, ed imparare a stringere il patto di maternità con le bambole che da piccole hanno amato con tutto il cuore.
Da allora - sono passati più di 60 anni - tutte le bambole di Elena camminano mano nella mano delle loro mamme che da bambine strinsero il patto di maternità con loro; le puoi riconoscere dal modo speciale che hanno di pettinare le loro figlie, con quella leggerezza e grazia che solo chi le ama da sempre può avere.
A pochi passi dal semaforo mi passa accanto, quasi sfiorandomi, una donna longilinea, dai tratti delicati, vestita femminile e umile. Una longuette da cui uscivano ondeggiando due gambette magre, quasi ossute, che correvano ad infilarsi nelle decolletè a punta quadrata, blu. Il golfino azzurro cenere chiudeva il ritmo della camiciola a righe fini, il colletto un pò sbozzato e liso, la collanina di coralli rosa piccoli piccoli che metteva fine al collo rugoso. Le spalle erano poco incurvate, le braccia tenevano bene la borsetta marrone a tracolla, di una pelle antica e lustra, il bottone dorato e un velo di vetustà.
Sguardo etereo come i capelli ingrigiti dal tempo, portati con un caschetto alle spalle un pò increspato dalle giornate umide e dagli shampoo a buon mercato.
Era una bambola, una bambola di oltre settant'anni. Una volta viveva sul letto della Duchessina, circondata da una schiera di bambole, una sudditanza di gran rispetto nel regno del Letto a Baldacchino. Gli stucchi disegnavano l'incipit delle avventure che Bambola e la Duchessina vivevano ogni giorno, per anni, e che si concludevano con una delicata quanto perfetta toeletta di Bambola dai lunghi capelli castani e le vesti del colore delle rose selvagge che s'arrampicavano fin sulla loggia della piccola borghese. Ma come sempre accade, tutte le bambole nascono per essere dimenticate ed il loro destino si compie quando la bambina, ormai donna, la ripone nell'urna di cartone che, una volta chiusa, la porterà nella Terra Dimenticata. La leggenda narra che se quella scatola verrà aperta anche solo una volta, prima dell'alba del ventottesimo compleanno della bambina ormai donna, la bambola ne sarà figlia.
Ma non fu questo il destino della Bambola Grigia che io ho incontrato al ritorno dal Dico... la tristezza del suo volto racconta una storia diversa... Quando Duchessina lasciò a soli 13 anni la bella casa col cespuglio di rose selvagge per andare in sposa al Conte Di Peregallo, in Brianza, decise di lasciare libera la sua Bambola, sul letto con le cortigiane: non aveva cuore di rinchiuderla in una scatola, ma nemmeno fu possibile portarla con sè, per le insistenze del marito.
La stanza era diventata un deserto di solitudine e gelo, niente e nessuno entrava mai per giocare, soltanto la donna delle pulizie che di quando in quando toglieva la polvere, mentre cantava una canzone sguaiata come le calze insolenti che soleva indossare. Un giorno quella entrò saltellando nella stanza, si buttò sul letto e prese Bambola per i capelli: "La tua mamma è morta, lo sapevi? Di parto... troppo esile, forse troppo giovane...." e scoppiò in una risata estasiata "Ora l'eredità sarà mia... questi non hanno parenti e sono l'unica che... che li segue..."
Bambola ascoltava le agghiaccianti rivelazioni con la faccia nelle coperte, era stata gettata a casaccio, cadendo malamente...
"Duchessina è morta..." e siccome Bambola non era stata chiusa nella scatola, non era potuta partire per la Terra Dimenticata per poi poter essere magari ripescata dalla sorte, diventando la figlia della sua adorata mamma bambina....
Ma l'attendeva un destino ben più insolito... La Donna della Pulizie subito adottò Bambola, quando andò a vivere nella stanza di Duchessa perché i genitori erano distrutti dal dolore e non volevano più rimanere da soli. La donna usava la bambola come ornamento sul letto e siccome era la più bella, tolse le altre gettandole nella spazzatura, lasciandola sola in un nuovo dolore.
Com'era logico supporre, dopo qualche anno la Donna delle Pulizie si sposò, e qualche giorno prima delle nozze ripose Bambola in una scatola, spedendola subito nella Terra Dimenticata, perché in quel letto avrebbe dormito col marito e una bambola proprio non ci stava più. Pochi giorni prima del 28esimo compleanno, la donna aprì la scatola di Bambola per errore, stava cercando dei cappelli per uscire con le amiche. E dopo nove mesi nacque una bambina, Elena, la Bambola Grigia che io ho visto tornando dal Dico.
Quando Elena aveva nove anni, la Donna delle Pulizie, ormai padrona di casa col marito, cercò Bambola e la mise in braccio alla figlia, che si specchiò. Non capita quasi mai, ma in quell'occasione la bambina si ricordò della sua precedente vita da Bambola, si ricordò di Duchessina, delle risate della Donna delle Pulizie - ora la sua mamma... seppe tutto, a soli nove anni.
A dodici andò al cimitero a trovare Duchessina, quella che lei considerava la sua vera madre.
A quindici anni Elena smise di studiare ed inziò a fare bambole di porcellana e stoffa, lasciando per ciascuna un foglio con istruzioni segrete e precise, destinate alla bambine. Nascondeva il foglietto nei vestiti, nel cappello o nei nastrini, di modo che solo le bambine potessero trovarli, ed imparare a stringere il patto di maternità con le bambole che da piccole hanno amato con tutto il cuore.
Da allora - sono passati più di 60 anni - tutte le bambole di Elena camminano mano nella mano delle loro mamme che da bambine strinsero il patto di maternità con loro; le puoi riconoscere dal modo speciale che hanno di pettinare le loro figlie, con quella leggerezza e grazia che solo chi le ama da sempre può avere.
mercoledì 1 maggio 2013
Il punto di vista di chi porta a spasso Fido
Avere un cane è faccenda per gente fortunata.
Sto parlando di una creatura che ti accoglie con gioia pura al tuo rientro a casa, adora la tua cucina sempre e comunque venga, è perennemente di ottimo umore e del tipo contagioso, nutre sentimenti sinceri e ama con una fedeltà da far invida a Romeo e Giulietta, sommati.
Oltre a tutto questo già sufficiente ben di Dio, il fedele zamputo domestico procura uno dei piaceri più sinceri della vita di un cristiano comune: la passeggiata.
La passeggiata col cane non è una sbattita, un'incombenza, è un'uscita pura, senza nessuna ambizione. Non stai andando a cercare quei pantaloni che ti faranno sembrare Belèn a dieta, non sei a caccia di una maglietta che trasformi la tua prima di reggiseno in una quarta abbondante... Non sei imbottigliata nel traffico con l'ansia da parcheggio, non puoi arrivare in ritardo perché non hai destinazione, non hai méta...
Il tempo si dilata per magia e se poi rifai sempre il solito percorso, tanto da aver scavato il solchetto tuo e del tuo bubu, allora ad un certo punto si determina un fenomeno che nessun'altro può capire, se non chi passeggia un cane: osservi.
Scopri terrazzi alberati in cima ai palzzi, segui la crescita delle piante sulle aiuole coltivate, impari gli allestimenti dei negozi cadenzati dalle feste commerciali, indovini sempre i giorni esatti per il ritiro della spazzatura, conosci i segreti dei divieti di sosta per lavaggio strade... ma soprattutto guardi in faccia la gente che cammina e che popola le strade. Ti accorgi di un'umanità vociante e ridanciana, indaffarata o perdigiorno. Viva.
Sesto San Giovanni, poi, è una città operaia nonostante questa razza sia quasi del tutto estinta. Gli scheletri delle acciaierie sorvegliano il ricordo di un tempo cui non viene concesso di svanire, così i suoi abitanti restano contagiati dalla storia, benché non gli appartenga.
La mia passeggiata col cane si snoda lungo un quadrato che abbraccia diverse microrealtà, spaziando dalle case di cortile al palazzone: attraverso due parchi e costeggio un'erboristeria, un ristorante, un bar, una birreria, due pizzerie kebap, due scuole - una elementare e una media -, una fabbrica. Passo poco lontano dagli uffici della Heineken, della Wind, di Intesa San Paolo, il cielo è ingabbiato dai grattacieli di Giancarlo Marzorati (l'architetto, ndr) e il venerdì c'è il mercato rionale di fianco a Spazio Arte. Di tutto di più.
Io porto a passeggio un incrocio tra un setter gordon, un coker nero e un sommelier. Si chiama Luis ed è cieco come Ray Charles, sordo come una campana, testardo come un mulo, buono come lo zucchero e vecchio come il cucco. Essendo incrociato tra due cani da caccia ha il vizietto dell'annusata nel torbido... poi è pure cieco per cui cammina naso a terra; ma essendo maschio, vecchio e pure un pò pervertito, il nonnino si è beccato da me l'appellativo di "sommelier pipì" per la sua oscena attitudine ad annusare prima e suggere poi a piccole lappate, TUTTE LE PIPI' delle femmine (in calore e non) di quartiere. A volte l'assaggio perdura diversi minuti per concludersi con denti che battono e pisciatina a copertuta dell'olezzo femminile... Io porto sempre con me i sacchetti per raccogliere la cacca, ma più spesso li uso per respirarci dentro tipo colla o per il vomito.
Nonostante lui sia quasi completamente cieco, cammina davanti a me e pure tirando, convinto di sapere come vada la faccenda pisciatina urbana, ignaro di pali, marciapiedi, cacche minate, buche, tombini, cubetti di sanpietrini e chi più ne ha più ne metta.... per cui mi sforzo di guidarlo usando il guinzaglio a mò di redini col risultato che le capate sono relativamente poche, ma sembriamo due rabdomanti fatti di acido che zigzagano alla ricerca dell'angolo perfetto dove centellinare lo schizzetto di pipì - uno delle decine che spruzza cadavolta.
A dispetto delle difficoltà nel contenere le incredibili esuberanze del vegliardo, ho potuto riscoprire l'arte dell'osservatrice fancazzista, una mistica quanto appagante attitudine al dettaglio umano che mi ha fatto venire il desiderio di raccontarvi tutte le storie che io ho la fortuna di osservare nella lunga frazione di un attimo, il tempo giusto per indovinare tutta la vita delle persone che incrocio per puro caso.
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